La prima auto elettrica toscana

La prima auto elettrica toscana

Se si parla di storia della mobilità elettrica, le origini del fenomeno sono molto più lontane di quanto si pensi. La prima macchina elettrica della storia risale al lontano 1832-1839, periodo in cui l’inventore scozzese Robert Anderson sviluppò quella che viene considerata la prima carrozza elettrica rudimentale. Tuttavia, questo veicolo era alimentato da batterie non ricaricabili, il ché, come si può facilmente intuire, limitava notevolmente la sua utilità pratica. Va detto che, in realtà, altri inventori hanno contribuito allo sviluppo precoce dei veicoli elettrici nel corso del XIX secolo. Ad esempio, nel 1835, l’olandese Sibrandus Stratingh e il suo assistente Christopher Becker costruirono un modello di automobile elettrica, che era sostanzialmente un giocattolo. Poi, nel 1842, l’americano Thomas Davenport costruì un veicolo elettrico che circolava su un breve tracciato circolare, dimostrando ulteriormente il potenziale dell’elettricità per la propulsione.

Il primo boom dell’auto elettrica

Un primo boom dei veicoli elettrici si ebbe tuttavia alla fine del XIX e agli inizi del XX secolo, quando furono introdotte le batterie ricaricabili, rendendo i veicoli elettrici più pratici per l’uso quotidiano. Questo periodo vide la creazione di numerosi veicoli elettrici, alcuni dei quali erano anche disponibili in commercio e utilizzati principalmente nelle città per il trasporto di persone e merci. Le prime batterie elettriche utilizzate nei veicoli erano principalmente basate sulla tecnologia delle batterie al piombo-acido.

Inventata nel 1859 da Gaston Planté, la batteria al piombo-acido è considerata la prima batteria ricaricabile della storia. Questo tipo di batteria utilizzava piombo e ossido di piombo come elettrodi e acido solforico diluito come elettrolita. Aveva il vantaggio di poter essere ricaricata, appunto e, nonostante la sua relativa bassa densità energetica (cioè l’energia che poteva immagazzinare per unità di peso) e il peso molto significativo, era la migliore opzione disponibile all’epoca per l’accumulo di energia elettrica in forma portatile. Il suo funzionamento si basava su reazioni chimiche reversibili: durante la scarica, il piombo e l’ossido di piombo reagivano con l’acido solforico per produrre solfato di piombo e acqua, rilasciando energia elettrica. Durante la ricarica, il processo veniva invertito, e i materiali originali venivano rigenerati.

L’auto elettrica in Toscana

Meno conosciuto è il fatto che la Toscana fu tra le prime regioni al mondo a produrre un veicolo elettrico. In realtà già dalla fine del XIX secolo in Toscana la passione per l’automobilismo era molto presente, con sportivi, pionieri e sperimentatori che avevano importato dalla Germania e soprattutto dalla Francia le conoscenze e le competenze relative al settore. In Toscana, del resto, già nel 1901 a Firenze era nata la F.T.A. (Fabbrica Toscana di Automobili) che con la sua automobile Florentia, che montava un motore derivato da quello Mercedes, aveva già stupito il mondo con successi tecnici e sportivi.

La prima auto elettrica in Toscana venne costruita dalla Società Officina Galileo di Firenze, su brevetto dell’ingegner Cantono, nel 1901. Si trattava di un veicolo che montava le due pesanti batterie sull’avantreno con due diversi motori che azionavano le ruote anteriori. Così facendo però la manovrabilità dello sterzo poteva risultare difficoltosa, per tale motivo il sistema di sterzo era stato pensato in modo che quando si voleva svoltare a destra il motore di sinistra aumentava la velocità in modo che la ruota sinistra girasse più rapidamente rispetto alla destra e permettesse di svoltare e viceversa.

Un successo durato poco

Tra il 1901 e il 1904 si trattò di un grande successo commerciale, anche perché per questa tipologia di vettura non c’era sostanzialmente concorrenza e bisogna considerare il fatto che il pubblico di riferimento era costituito da persone altolocate (nobili, notabili e ricchi borghesi). Tra gli acquirenti figura persino il Re Vittorio Emanuele III che ne acquistò un esemplare nel 1903.

Dopo il 1904, tuttavia, la produzione dell’auto elettrica della Galileo entrò in crisi, un po’ per ragioni commerciali e un po’ perché il progresso scientifico e tecnologico preferì concentrarsi in modo particolare sui motori a combustione interna. Con l’avvento poi della produzione di massa dell’automobile a benzina da parte di Henry Ford, l’interesse per i veicoli elettrici diminuì significativamente fino, come sappiamo, ai giorni nostri.

Fonti: Ginori Lisci Leonardo, Storia dell’automobilismo toscano, Bonechi Editore, firenze 1976