C’è l’albergo di un tedesco in Val di Paglia

C’è l’albergo di un tedesco in Val di Paglia

3 gennaio 1484, è l’epoca dell’imperatore Federico III d’Asburgo e di Papa Sisto IV, l’epoca del massimo splendore della dinastia dei Medici, con Lorenzo il Magnifico al centro delle vicende politiche dell’intera penisola italiana. Chissà se a tutto questo deve aver pensato anche solo per un istante Sigismondo dell’Alemagna quando si è presentato davanti ai priori del castello di Abbadia.

 Sigismondo (dell’Alemagna sta ad indicare semplicemente il fatto che fosse tedesco) svolge una professione nota ai tre priori, quella di oste presso il castello di Radicofani, così, quando Galgano di Antonio di Baccello, Giovanni di Pietro Trie e Pietro di Angelo si riuniscono alla sua presenza con piena autorità di rappresentanza del Comune di Abbadia, non devono metterci molto a valutare la sua richiesta.

Gestendo già la sua osteria in Val di Paglia sulla strada romana (quella che oggi ripercorriamo come Via Francigena), Sigismondo vorrebbe avere in concessione un albergo che si trova nel comune di Abbadia. Casalini, piazze davanti e dietro, orti, un lato intero della struttura che si affaccia direttamente sulla strada. Il luogo ideale per dedicarsi all’accoglienza dei pellegrini e dei viandanti diretti verso Roma o di ritorno dalla città del Papa.

In effetti, il legame con la Via Francigena da parte di Abbadia San Salvatore, e soprattutto della sua abbazia, è tra i più vecchi al mondo. Una delle prime definizioni dell’antica via di comunicazione che collegava l’isola britannica a Roma attraversando l’Europa si ritrova proprio all’interno di una pergamena del monastero risalente all’876. Qui si parla infatti di Via Francisca. Ancora una volta ci sorprende la centralità di San Salvatore in epoca altomedievale.

Il legame con la Francigena era stato molto utile anche a Carlo Magno quando nell’800 il suo esercito colpito dalla peste era stato curato dai monaci dell’abbazia grazie ad una portentosa erba medica di montagna che da allora aveva preso il nome di Erba Carolina. E grazie alla presenza sulla via, l’abbazia aveva visto giungere diversi ospiti illustri, come, nel 938, Oddone, l’abate del celebre monastero di Cluny. Senza dimenticare le tante preziosissime reliquie, opere di manifatture provenienti da tutto il continente e i ricchi oggetti d’arte sacra, alcuni dei quali sono ancora oggi ammirabili presso il museo dell’abbazia.  

Ma che fine ha fatto il nostro Sigismondo dell’Alemagna? I priori del castello di Abbadia decidono di concedere l’edificio in Val di Paglia come da lui richiesto, a patto che l’oste paghi la cifra di 90 fiorini, che Sigismondo paga subito, in un’unica soluzione. Questo gli garantirà di poter amministrare l’albergo per tutta la vita.